Pubblicato per la prima volta nel 2005, "Molto forte, incredibilmente vicino" narra la storia di Oskar Schell, un ragazzino di nove anni che ha perso suo padre nell'attentato alle Torri Gemelle. Jonathan Safran Foer, nel suo secondo romanzo, affronta il tema della perdita e racconta di come la vita possa rimanere sospesa quando il dolore esplode, in una narrazione che ancora oggi risulta estremamente attuale...
11 settembre 2001, otto e quarantacinque, New York. Sono le quattordici e quarantacinque in Italia, quando un aereo si schianta contro una delle torri gemelle del World Trade Center.
Poco dopo, la programmazione si interrompe su tutti i canali televisivi, le immagini di una colonna di fumo scuro riempiono le edizioni speciali dei telegiornali. La seconda torre viene colpita poco dopo. Crollano prima una e poi l’altra, sotto il loro stesso peso. In un istante, il mondo non è più lo stesso.
Per chi c’era, c’è un prima e un dopo: come lo abbiamo saputo, cosa stavamo facendo in quel momento, con chi ne abbiamo parlato per prima. Dall’altra parte del mondo erano solo immagini che scorrevano sui televisori, ma a New York c’era polvere ovunque, incredulità, paura.
Jonathan Safran Foer racconta un pezzo di questa storia in Molto forte, incredibilmente vicino (Guanda, traduzione di Massimo Bocchiola).
In un’intervista del 2011 per l’Associazione Alumni della Michigan State University, l’autore spiega da dove la sua scrittura si sia mossa per narrare le vicende di Oskar Schell e della sua famiglia, i protagonisti del racconto: “Alla fine del mio primo romanzo, Ogni cosa è illuminata, c’è una piccola foto dell’autore e una biografia. Nella biografia c’è scritto che stavo lavorando a un nuovo libro ambientato in un museo, pensavo di averlo quasi finito in realtà. Poi, un po’ alla volta, ho iniziato a fare i conti con i miei sentimenti e continuavo a pensare a questa storia, fino a che non sono arrivato a Molto forte, incredibilmente vicino“.
Foer usa il punto di vista di un bambino per raccontare una storia che si concentra sul dolore di chi resta. Oskar Schell è il figlio di Thomas Schell, un uomo morto all’interno di una delle torri.
C’è un prima e c’è un dopo per Oskar: la logica del mondo, quella che suo padre gli ha insegnato per comprenderlo, non sembra più combaciare con il suo presente. Gli eventi si sono incastrati e i nessi di causa effetto non rispondono più alle stesse regole.
Oskar ha imparato a ragionare e mettere insieme i pezzi grazie a suo padre, è un bambino molto più maturo della sua età perché padroneggia la deduzione come arma infallibile per investigare il mondo. Quando suo padre scompare, però, sembra portarsi dietro tutte le possibili interpretazioni, tutte le connessioni logiche e gli insegnamenti. Le uniche cose che l’uomo ha lasciato dietro di sé sono una chiave e un cognome scritto a penna, che diventeranno gli unici indizi per Oskar nella ricerca di un ultimo contatto.
Molto forte, incredibilmente vicino è un romanzo in cui il dolore di chi resta diventa protagonista assoluto. Il vuoto dopo la tragedia e il modo in cui i protagonisti provano a rimanere a galla sono i temi principali della narrazione.
Oskar si trova non solo a dover affrontare una mancanza emotiva, ma anche una fisica. Il corpo di suo padre non è stato ritrovato. La sua morte è certa, ma ciò che rimaneva di lui è scomparso nel nulla. Non c’è quindi la morte, visibile, tangibile, come conferma, ma solo l’assenza e il vuoto della mancanza. Secondo il rigore scientifico che Thomas ha insegnato a suo figlio non può non esserci un punto da qualche parte da cui poter ricominciare. Ed è proprio sulla ricerca di questa fine che il romanzo si concentra, cercando di ricucire la logica in un mondo che di logico non ha più niente.
Jonathan Safran Foer e suo fratello nel 2009 sui passi di Oskar Schell
In una recensione del 2005 per il The Guardian, Michel Faber scrisse che Molto forte, incredibilmente vicino trattava dei molti modi in cui le persone cercano di negoziare una sorta di pace con tragedie non negoziabili. Ed è per questo che la storia di Oskar Schell è ancora oggi potente. Nonostante l’evento da cui prende forma si sia più o meno allontanato dal passato recente, i sentimenti a cui l’autore fa appello sono più che mai vicini al nostro presente.
Ancora oggi, Molto forte, incredibilmente vicino è capace di muoversi nella storia rimanendo attuale. Le tragedie cambiano, si aggiungono i morti, le assenze riempiono gli spazi e annientano il rigore della razionalità.
Molto forte, incredibilmente vicino ricostruisce, tramite le storie dei suoi protagonisti, il tempo che viene dopo. Dopo l’urto, dopo l’esplosione, dopo i telegiornali, quando la polvere si è ormai depositata ovunque e il silenzio rimane l’unica possibilità. Foer parla di quel silenzio, cercando di raccontarlo in tutte le sue sfaccettature. Le sue parole rappresentano un monito, o forse una testimonianza, che rimane silenziosamente in attesa di essere ascoltata.
L’esperienza di Oskar si moltiplica e la storia di Molto forte, incredibilmente vicino diventa quella di chi, ancora oggi, rimane con l’unica speranza di trovare una chiave che ci racconti una storia con cui mettere un punto all’orrore.
«Gli umani sono gli unici animali che arrossiscono, ridono, credono nelle religioni, fanno la guerra e si baciano con le labbra. Quindi, da un certo punto di vista, più diamo baci con le labbra, e più siamo».
«E più si fa la guerra.»
Fonte: www.illibraio.it