In un nuovo rutilante romanzo, l'autore di "Trainspotting" torna a raccontare la sua Edimburgo, più lercia e spassosa che mai - Su ilLibraio.it le prime pagine
In un nuovo rutilante romanzo (Godetevi la corsa, Guanda, in libreria dal 23 aprile), Irvine Welsh, l’autore del cult Trainspotting, torna a raccontare la sua Edimburgo, più lercia e spassosa che mai. Siamo alla fine del 2012 e sulla città incombe la minaccia di un uragano, che gli scozzesi hanno affettuosamente ribattezzato «Du’Palle». Ma ha ben altro a cui pensare il mitico «Gas» Terry Lawson, tassista sessualmente superdotato e attore porno a tempo perso per il produttore Sick Boy. Terry ama passare le giornate intrattenendosi in allegria con donne di diversa età e provenienza, convinto che la cosa più importante sia cercare, sempre e comunque, di «godersi la corsa». Eppure, nella vita, fin troppe cose lo distolgono dal dedicarsi alla sua attività prediletta. All’aeroporto viene ingaggiato come autista part-time da Ronald Checker, un miliardario di Atlanta, nonché star dei reality televisivi: vuole che Terry gli faccia da guida a Edimburgo per aiutarlo ad accaparrarsi tre bottiglie di whisky costosissimo. Nel frattempo un gangster locale gli affida la supervisione del suo «centro benessere», in realtà una sauna-bordello, dove lavora Jinty, prostituta ninfomane che nella notte dell’uragano scompare misteriosamente, e a Terry toccherà anche scoprire che fine ha fatto la ragazza…
Su ilLibraio.it le prime pagine del romanzo
(per gentile concessione di Guanda)
1
Giorni in taxi
« Non l’indovini più cosa c’avevo in taxi l’altro giorno » spiega « Gas » Terry Lawson, la mole massiccia fasciata in una tuta da jogging verde fosforescente. I riccioli folti, a cavatappi, guizzano selvaggi nella tormenta che sferza la barriera di perspex serpeggiante dalla hall dell’aeroporto alla schiera di taxi parcheggiati. Terry si stiracchia e caccia uno sbadiglio, mentre le maniche risalgono mostrando catene d’oro ai polsi e due tatuaggi sugli avambracci. Uno è un’arpa che sembra più che altro un affetta-uova con due cartigli, sopra e sotto: HIBERNIAN FC e 1875. Il secondo è un drago sputafuoco che strizza un clamoroso occhiolino al mondo, invitandolo più sotto, in lettere sinuose, a fare LARGO AL GAS.
L’amico di Terry, Doughheid alias Il Pirla – uno smilzo dall’aria asmatica – gli risponde con uno sguardo ottuso. Appiccia una paglia e si chiede quanta se ne potrà ciucciare prima di vedersela con l’aeroplanata di passeggeri che stanno spingendo i carrelli carichi di bagagli verso di lui tra le pareti della rampa.
« Stronzo là, della tele » conferma Terry grattandosi le palle sopra il poliestere.
« Chi era ancora? » borbotta Doughheid, valutando il peso della catasta di valigie di una megafamiglia di asiatici. Preferirebbe che li sorpassasse un tizio che vien dopo, aria svagata, per non dover caricare sul taxi tutte quelle borse lì. Che se le becchi Terry. Il tizio ha un cappotto lungo di cashmere aperto su un abito scuro, camicia bianca con cravatta, occhiali cerchiati di nero e, ma tu guarda, i capelli alla moicana.
All’improvviso l’uomo scatta davanti alla mandria e l’umore di Doughheid si risolleva. Ma poi si blocca e guarda l’orologio mentre la famiglia di asiatici lo risorpassa arrancando per arrivare addosso a Doughheid come il morbillo. « Per favore, per favore, veloce per favore » chiede un patriarca tutto suadente, mentre di botto il perspex viene investito da una secchiata di pioggia.
Terry guarda l’amico in lotta con le valigie. « Quel conduttore là, su Channel 4. Quello che si scopava quella figa, ’m’è che si chiama, cazzo, un corpo c’aveva… » e disegna nell’aria una clessidra, poi si sistema contro la barriera per ripararsi.
Ma mentre Doughheid grugnendo si rompe la schiena con le borse, Terry guarda l’occhialuto con il cappotto lungo, quei capelli assurdi che il vento fa svolazzare qua e là, i polpastrelli che digitano di brutto i numeri sul telefonino. Terry lo ha già visto da qualche parte, forse in una band, poi capisce che è più vecchio di quanto il taglio faccia pensare. All’improvviso salta fuori un suo compa nascosto, con i capelli biondi rasati sopra una faccia nervosa, che gli si piazza vicino preoccupato. « Mi spiace tantissimo, Ron, la macchina che avevamo ordinato è guasta… »
« Levati di qua! » ringhia il punk-manager (perché così lo ha catalogato adesso Terry) con un accento americano. « Prenderò questo cavolo di taxi! Fammi almeno spedire i bagagli in albergo! »
Il punk-manager non guarda nemmeno Terry attraverso le lenti rosa, ma monta dietro e sbatte la portiera. Il suo compare resta in piedi, zitto, imbarazzato.
Terry sale e accende il motore. « V’è che si va, cap’? »
« Come? » Il punk-manager guarda sopra gli occhiali fotosensibili e vede una nuca di riccioli.
Terry ruota sul sedile. « Dove. Vuoi. Che. Ti. Porto. »
Il punk-manager si rende conto che il tassista con i ricci a cavatappi gli sta parlando come se fosse un bambino. Cazzone di un Mortimer, non sa far niente, mi molla in questa merda. La mano del tizio si stringe sulla maniglia. Deglutisce. « Balmoral Hotel. »
L’Immoral! « Ottima scelta, socio » risponde Terry, con la mente in giostra nella banca dati degli incontri sessuali che ha avuto là dentro, di solito durante due periodi distinti del calendario. Non c’è niente come il Festival internazionale in agosto, e il Capodanno edimburghese, per dare condimento alla sua solita dieta di passere di corea e pornoattrici bolse. « Vabbe’, dunque, tu di lavoro cosa fai? »
Ronald Checker non è abituato a non essere riconosciuto. Importante promotore immobiliare, è anche una star dei reality televisivi, notissimo per il successo del suo show The Prodigal. Rampollo di una ricca famiglia di Atlanta e laureato a Harvard, ha seguito le orme paterne nel campo degli immobili. Ron Checker e suo padre non sono mai andati d’accordo: quindi la scelta è stata totalmente mercenaria, per sfruttare gli ampi contatti del vecchio. È finita che il figlio ha avuto più successo del padre, sfondando nella Sun Belt americana per estendersi nel mercato globale. Ron ha deciso di proporre alle reti televisive un reality presentandosi come versione sudista, giovanile e un po’ punk di Donald Trump, che era andato forte con The Apprentice. Un amico designer gli aveva creato il look moicano, e un ricercatore della tv gli aveva coniato lo slogan: « Ci vogliono le palle per gli affari ». Adesso The Prodigal è alla terza stagione, distribuito in tutto il mondo, e Checker sa che lo danno anche in Gran Bretagna. Domanda imbarazzato al tassista: « Ha mai visto The Prodigal? »
(continua in libreria…)
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Fonte: www.illibraio.it