Franz Werfel, scrittore austriaco della prima metà del Novecento, nelle sue opere racconta il crepuscolo del mondo precedente la seconda guerra mondiale, l'Impero Asburgico, e il suo progressivo declino... - L'approfondimento sull'autore di libri come "I quaranta giorni del Mussa Dagh", "Una scrittura femminile azzurro pallido" e "Piccoli amori"
Franz Werfel (Praga, 10 settembre 1890 – Los Angeles, 26 agosto 1945) è stato un grande scrittore austriaco, amico personale di Franz Kafka, autore di romanzi, racconti, drammi e poesie, vissuto nella prima metà del Novecento, capofila dell’espressionismo.
Di origini ebraiche, all’inizio della seconda guerra mondiale, per paura delle persecuzioni naziste, si rifugiò negli Stati Uniti, dove visse fino alla morte. Negli ultimi anni è stato oggetto di una meritata riscoperta, e di una rinnovata fortuna editoriale.
I quaranta giorni del Mussa Dagh è l’opera che diede la fama a Franz Werfel, abbozzata durante un viaggio in Siria, pubblicata nel 1933, racconta il tragico destino del popolo armeno, minoranza etnica odiata e perseguitata per la sua antica civiltà cristiana, in eterno contrasto con i turchi. Verso la fine del luglio 1915 circa cinquemila armeni perseguitati dai turchi si rifugiarono sul massiccio del Mussa Dagh, a nord della baia di Antiochia. Fino ai primi di settembre riuscirono a tenere testa agli aggressori ma poi, cominciando a scarseggiare gli approvvigionamenti e le munizioni, sarebbero sicuramente stati sconfitti se non fossero riusciti a segnalare le loro terribili condizioni a un incrociatore francese. Su quel massiccio visse per quaranta giorni la popolazione di sette villaggi, in un’improvvisata comunità.
Con il romanzo breve Nella casa della gioia Franz Werfel descrive la fine di un mondo e una società, attraverso la parabola di un bordello di lusso, di una grande città dell’impero asburgico. In via del Camoscio si danno convegno militari, politici e personalità del mondo culturale cittadino, in un vivace e caotico salotto dove sfilano, ritratti da Werfel con ironia, personaggi indimenticabili: il nasuto intellettuale Schleissner, il pianista Nejedli, ex “Imperial-Regio Fanciullo Prodigio” il cui repertorio si è ridotto a tre brani, Morè, presidente nientemeno che della Società spinoziana, che si guadagna da vivere vendendo lapidi tombali, e tanti altri. Tutto è sotto il rigido controllo della signorina Edith e del signor Maxl. La morte di quest’ultimo segna la fine dell’istituzione, mentre Ludmilla ex inquilina della “casa della gioia”, diventa una signora borghese che non riconosce più nessuno dei suoi vecchi clienti, il ricordo si è spento in un’agiata rispettabilità.
Nel breve romanzo Piccoli amori Franz Werfel descrive l’ingresso in un’agiata famiglia borghese, nella Praga dei primi decenni del Novecento, di una giovane ragazza, Erna, che dovrà prendersi cura di un adolescente sensibile e inquieto, Hugo. Il torpore di un’adolescenza troppo protetta si infrange d’improvviso all’irrompere della bellezza femminile di Erna, destinata al ragazzo come istitutrice. L’incontro con Erna si trasforma per Hugo in un’infatuazione, che lo porterà a idealizzare tutto ciò che la circonda, inclusi i suoi amanti, dei quali si farà ingenuo complice. Quando le fugaci, eppur rischiose trame d’amore della ragazza la porteranno a cozzare contro le norme borghesi, Hugo dovrà accettare il distacco da Erna, l’estromissione di lei da un mondo che ora gli sembra angusto. Ma quell’incontro gli ha lasciato un segno indelebile: ha gettato uno sguardo fuori di casa, là dove piccole vite si spendono in piccoli amori, ed è ormai cambiato.
L’anniversario dell’esame di maturità racconta un incontro di vecchi compagni dell’imperial-regio Ginnasio di San Nicola, venticinque anni dopo l’esame di licenza, durante cui si risvegliano memorie lontane nella mente del giudice istruttore, Consigliere di Corte d’appello dottor Sebastian. Tra i volti ormai appesantiti dagli anni manca quello di Adler, l’artista, il più dotato, il solo a possedere il segreto della poesia. Mosso da quest’assenza, e da un incontro fatto poco prima, in una notte insonne Sebastian riscrive una vecchia vicenda giovanile; che è anche la storia di una colpa e di un’espiazione mancata, e dell’eterna crudeltà degli uomini verso gli eletti, quando li riconoscano come tali. Così nel 1928, ispirandosi ai suoi ricordi personali, Franz Werfel ridusse ai termini della giovinezza e della memoria il mito prediletto della finis Austriae, rappresentando nella mediocrità dei personaggi la debolezza e la sorte di un’intera civiltà.
Una scrittura femminile azzurro pallido ci porta nella Vienna degli anni Trenta, dove un appagato funzionario ministeriale, assurto ai vertici della burocrazia statale grazie al conveniente matrimonio con una rampolla dell’alta società, riceve una lettera. Il cuore si ferma, dentro di lui, quando sulla carta della busta riconosce una scrittura femminile azzurro pallido. Quella grafia gli ricorda una donna, forse l’unica che abbia mai amato, l’unica che abbia mai dato colore a un’esistenza altrimenti dominata dal grigiore del lavoro e della carriera. In quella lettera, dai toni freddi e distaccati, la donna gli chiede di intercedere in favore di un giovane diciottenne la cui madre è ebrea. Chi è quel misterioso giovane? Forse dietro di lui si cela il figlio che l’uomo potrebbe aver avuto da quella relazione tanto appassionata, ma scomoda e troppo presto dimenticata? Franz Werfel dimostra in questo racconto tutta la sua maestria nel raccontare le passioni del cuore umano.
Fonte: www.illibraio.it