Da Penelope a Madame Bovary la letteratura ci ha consegnato figure femminili potenti e rappresentative. Ma nel suo intervento su ilLibraio.it, lo scrittore Alberto Schiavone, che torna con il romanzo "Ogni spazio felice", si concentra su "figure, meno note, che meritano di essere ricordate ugualmente..."
Da Penelope a Madame Bovary la letteratura ci ha consegnato figure femminili potenti e rappresentative. Anna Karenina, Lucia de I promessi sposi, la Milady di Alexandre Dumas. Sono tutte nostre conoscenze, poster dell’immaginario collettivo in grado tuttora di definire un carattere, una situazione, una persona. Noi. Ma ci sono alcune figure, meno note, che meritano di essere ricordate ugualmente, anche se non sono presenti sul podio delle donne in letteratura. Ne presento sei.
Recentemente Jenny Offill in Sembrava una felicità, ha dispiegato in poco più di cento pagine la vita e i pensieri di una donna, di una moglie, che rifiuta il nome per occupare soprattutto un ruolo. Una narrazione nervosa, che passa dalla prima alla terza persona. Ironia feroce e malinconia, territori contemporanei.
A inizio secolo Novecento il raffinato e ormai quasi sconosciuto Pierre Louys racconta in Figlie di tanta madre non una, ma ben quattro esistenze femminili. Quattro prostitute, la madre e appunto le sue tre giovanissime figlie, alle prese con un nuovo arrivato. Un romanzo osceno e delicato, a tratti profumato di Sade. Teresa ha trentasei anni ed è la tenutaria del suo bordello familiare. All’uomo, vicino di casa e cliente, descrive i caratteri delle proprie figlie, gliele fa assaggiare. Gli concede il proprio corpo e la propria storia. Un libro maledetto e per questo unico, donne contraddittorie e faticose da abbracciare.
Una bambina di otto anni, nell’orfanotrofio dove vive, scopre il suo enorme talento per il gioco degli scacchi. Un gioco, una professione, che la porterà fuori da quel luogo e in giro per il mondo. Gli scacchi che diventeranno il suo centro, in una vita squilibrata e disagiata, in cui l’interesse degli altri non arriva mai alla persona, ma al personaggio. Ne La regina degli scacchi, capolavoro di Walter Tevis, Beth scopre l’alcol, le droghe, la solitudine ancora più dura di quella patita nell’infanzia. Ma è una donna, tira avanti, e la sua forza struggente ce ne fa innamorare, la vorremmo prendere in braccio, carezzare, liberare.
Altre due figure femminili molto forti, sfaccettate, memorabili, sono quelle di Olona in Randagio è l’eroe di Giovanni Arpino, e di Mancinka ne Una solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal.
Ambedue sono amori dei veri protagonisti, Giuan e Hanta. Ambedue vivono diversamente la vicenda. Olona aspetta il suo uomo a casa, piangendo e disperando, temendo il destino e ringhiando contro quell’uomo meraviglioso ma complicato, che ha deciso di andare via.
Mancinka al destino ha voltato le spalle, prima indispettita, poi ridendo. Dopo una scena grottesca, in cui insieme con Hanta giovane ad un ballo vengono messi in ridicolo, i due si separano. Lei sparisce, morsa dalla vergogna. Hanta la ritroverà anni dopo, donna riuscita, in una casa enorme costruita pezzo dopo pezzo dagli amori avuti nel corso della sua vita. Una metafora bella di come l’amore, la gioia e la sofferenza, ci assemblano. Sono queste ultime due non protagoniste degli interi romanzi, ma figure principali, perché gli uomini e le donne e le loro storie minuscole insieme compongono la grande, maiuscola, storia di tutti noi.
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Chiudo con un libro, con una donna, che mi ha folgorato recentemente. Parlo di Lucia Berlin, finora sconosciuta al pubblico, e dei suoi racconti, pubblicati in Italia con il titolo La donna che scriveva racconti. Qui la figura di donna è quella dell’autrice stessa, declinata attraverso vicende vere e reinventate. Una vita vissuta intensamente, tanto vagabondare, tanti disastri. La consapevolezza di avercela messa tutta, anche se in maniera a volte sbagliata. Una scrittura luminosa, elegante, in cui le vicende spesso tumultuose si appoggiano sulla pagina, e su di noi, nella maniera migliore. È la confessione di una sconfitta, e insieme, il trionfo silenzioso di una donna, delle donne, cui partecipiamo tutti quanti.
L’AUTORE E IL LIBRO – Alberto Schiavone, nato a Torino nel 1980, vive e lavora a Milano. Ha pubblicato La libreria dell’armadillo (Rizzoli), ispirata all’esperienza lavorativa in libreria, e Nessuna carezza (Baldini & Castoldi). Ora torna in libreria con il suo ultimo romanzo, Ogni spazio felice, edito da Guanda, che ha per protagonista una struggente figura femminile: Ada, professoressa stimata, moglie attenta e madre premurosa, finchè un forte trauma sconvolge la sua vita, portandola verso l’alcolismo e la depressione. Il marito, Amedeo, la ama sinceramente ma non sa come aiutarla, solo la figlia Sonia sembra capace di riportare occasionalmente un sorriso in famiglia, almeno fino a quando anche la sua vita non verrà complicata da diversi imprevisti. Solo allora, quando tutto sembrerà perduto, Ada troverà la forza di fronteggiare i propri timori, di rialzarsi in piedi con tutta la determinazione e il coraggio di una donna, moglie, madre, pronta a tutto per salvare la sua famiglia.
Fonte: www.illibraio.it