Berlino, giugno 1934. Il presidente von Hindenburg è in fin di vita e Adolf Hitler, già cancelliere del Reich, progetta di assumerne la carica dando ufficialmente corso alla dittatura. Per riuscirci gli occorrono il sostegno degli industriali e dell’esercito, che però chiedono in cambio lo scioglimento delle SA, le truppe d’assalto, e l’epurazione dell’ala rivoluzionaria del partito.
Questo lo scenario in cui Yukio Mishima ambienta il suo dramma, dando voce con sorprendente capacità di penetrazione alle opposte ragioni dei protagonisti di quei giorni: Gregor Strasser, esponente di spicco del partito caduto in disgrazia a causa delle proprie simpatie socialiste; Ernst Röhm, capo delle SA, animato fino all’ultimo da una fede cieca nel Führer; lo stesso Hitler, arbitro degli eventi, «cupo come il XX secolo»; e infine Krupp, il magnate dell’acciaio, prima burattinaio poi burattino nelle mani del dittatore.
La vicenda procede verso l’epilogo della Notte dei lunghi coltelli, in cui troveranno la morte centinaia di persone, tra cui Röhm, «l’amico di Hitler», sordo ai tentativi di Strasser di metterlo in guardia, aggrappato con tragica pateticità a valori condivisi in un passato leggendario, ma ormai irrimediabilmente tramontati.
Senza la pretesa di alcuna valutazione morale a proposito di Hitler, definito «un genio politico, ma non un eroe», Mishima punta sulla seduzione estetizzante di una scrittura preziosa e affascinante, rivolta all’ideale modello del Britannicus di Racine, «che canta in versi alessandrini una grandiosa tragedia politica».
Questo lo scenario in cui Yukio Mishima ambienta il suo dramma, dando voce con sorprendente capacità di penetrazione alle opposte ragioni dei protagonisti di quei giorni: Gregor Strasser, esponente di spicco del partito caduto in disgrazia a causa delle proprie simpatie socialiste; Ernst Röhm, capo delle SA, animato fino all’ultimo da una fede cieca nel Führer; lo stesso Hitler, arbitro degli eventi, «cupo come il XX secolo»; e infine Krupp, il magnate dell’acciaio, prima burattinaio poi burattino nelle mani del dittatore.
La vicenda procede verso l’epilogo della Notte dei lunghi coltelli, in cui troveranno la morte centinaia di persone, tra cui Röhm, «l’amico di Hitler», sordo ai tentativi di Strasser di metterlo in guardia, aggrappato con tragica pateticità a valori condivisi in un passato leggendario, ma ormai irrimediabilmente tramontati.
Senza la pretesa di alcuna valutazione morale a proposito di Hitler, definito «un genio politico, ma non un eroe», Mishima punta sulla seduzione estetizzante di una scrittura preziosa e affascinante, rivolta all’ideale modello del Britannicus di Racine, «che canta in versi alessandrini una grandiosa tragedia politica».