Da dove venga Cinìn, da quale di quei borghi annidati fra le pieghe dell’Appennino modenese, nessuno lo sa. Il suo padrone, il Massaro, dice di averlo comprato; forse dagli zingari. Quei pochi che gli si rivolgono «come a un cristiano» lo chiamano semplicemente Cinìn; gli altri Bastardìn o Bastardòn. Tanto meglio, pensa Cinìn. Perché del suo vero nome, Gennaro, lui si vergogna: nessuno, da quelle parti, si chiama così. Eppure sarà proprio a causa di quell’insolito nome, e dell’irrefrenabile desiderio di andare a vedere le «angiole» dipinte sul muro di una chiesetta di campagna, che la vita di Cinìn prenderà una direzione del tutto inaspettata. Dall’incontro con la bella ed enigmatica contessa di Renno fino alla sconvolgente scoperta della prospettiva, Cinìn attraverserà una serie di vicende che lo porteranno — lui, il piccolo bastardo guardiano di mucche — a diventare il Maestro dei santi pallidi. Sullo sfondo dell’Italia di metà Quattrocento, Marco Santagata ha raccontato il sorgere del talento di un uomo sempre in fuga e sempre alla ricerca di qualcosa, capace di desiderare la felicità e la morte con la stessa intensità.