So che sono pazzo perché m’invento questa storia d’amore, perché m’invento la mia vita…
Dopo il grande, inaspettato successo del suo ultimo libro, il protagonista di queste pagine parte per un tour mondiale. Da un hotel all’altro – in Spagna, Portogallo, Italia, Francia e Stati Uniti – il suo è un viaggio che ha due facce: quella pubblica, in cui lo scrittore dialoga con i numerosi e appassionati lettori, e quella privata, in cui sfrutta ogni momento di solitudine per riflettere, tra improvvise illuminazioni e momenti di dolore e di confronto con il fantasma di sempre, la depressione. Che non vincerà, perché l’esperienza ha portato con sé la consapevolezza che tutto prima poi, tutto ciò che abbiamo amato e perduto, è destinato a trasformarsi in gioia: la gioia è ciò che resta, l’elemento più incomprensibile ma anche il più sacro di qualsiasi esistenza. E così il ritorno del passato, dei genitori perduti ma sempre vivi accanto a lui, e le avventure del presente, insieme a una nuova compagna, sono soprattutto un’occasione per celebrare la vita, un enigma che ha come unica spiegazione la bellezza. Come quella che ritrova nel legame pur complicato con i figli, spesso lontani, spesso vicini ma irraggiungibili, nello sforzo costante di riconquistarli, perché un padre altro non è che «un mendicante d’amore».
Convinto che «tutto ciò che è importante succede nella famiglia», Manuel Vilas torna a raccontare una storia di famiglia e di famiglie, sempre in bilico tra autobiografia e invenzione: una storia che è anche quella della sua generazione e del suo paese. Una storia d’amore che riscatta il passato, e forse lo idealizza, perché «cos’altro si può fare con la vita se non idealizzarla»?
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Dopo il grande, inaspettato successo del suo ultimo libro, il protagonista di queste pagine parte per un tour mondiale. Da un hotel all’altro – in Spagna, Portogallo, Italia, Francia e Stati Uniti – il suo è un viaggio che ha due facce: quella pubblica, in cui lo scrittore dialoga con i numerosi e appassionati lettori, e quella privata, in cui sfrutta ogni momento di solitudine per riflettere, tra improvvise illuminazioni e momenti di dolore e di confronto con il fantasma di sempre, la depressione. Che non vincerà, perché l’esperienza ha portato con sé la consapevolezza che tutto prima poi, tutto ciò che abbiamo amato e perduto, è destinato a trasformarsi in gioia: la gioia è ciò che resta, l’elemento più incomprensibile ma anche il più sacro di qualsiasi esistenza. E così il ritorno del passato, dei genitori perduti ma sempre vivi accanto a lui, e le avventure del presente, insieme a una nuova compagna, sono soprattutto un’occasione per celebrare la vita, un enigma che ha come unica spiegazione la bellezza. Come quella che ritrova nel legame pur complicato con i figli, spesso lontani, spesso vicini ma irraggiungibili, nello sforzo costante di riconquistarli, perché un padre altro non è che «un mendicante d’amore».
Convinto che «tutto ciò che è importante succede nella famiglia», Manuel Vilas torna a raccontare una storia di famiglia e di famiglie, sempre in bilico tra autobiografia e invenzione: una storia che è anche quella della sua generazione e del suo paese. Una storia d’amore che riscatta il passato, e forse lo idealizza, perché «cos’altro si può fare con la vita se non idealizzarla»?
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