La bellezza carnosa e sgargiante del gladiolo; i gialli e gli arancioni della zinnia; i grandi calici bianchi della magnolia; il profumo «aspro e delizioso» del narciso e quello tenero della viola; lo spettacolo solenne di una vecchia quercia caduta; la fragilità malinconica di un pesco piegato dal föhn. E il passaggio delle stagioni, lo straordinario mutare delle forme e dei colori: il verde dei «prati tempestati dalla prima fioritura allegra e multicolore»; le tinte cariche, turgide dell’estate inoltrata; le impareggiabili luci dell’autunno. Scrittore sensibilissimo alla natura, osservatore partecipe della vita vegetale, Hermann Hesse ha trovato nel giardino – nei propri giardini, da quello bernese a quello sul lago di Costanza a quello amatissimo della Montagnola – un luogo prediletto del riposo, della riflessione, dell’ascolto, della scrittura. In questi testi – prose, lettere, poesie, brevi «narrazioni naturali», cui si aggiungono gli acquerelli – ha restituito il senso della sua esperienza. Esperienza fattiva, concreta (Hesse è stato, nei suoi giardini e nei suoi orti, un coltivatore tenace e appassionato), ed esperienza interiore, spirituale.