Carmen Yáñez torna in questa raccolta alle tematiche che le sono più care – l’amore, la memoria, l’esilio e la poesia stessa – e lo fa con la lingua lirica che si è inventata, una lingua limpida e straordinariamente flessibile, capace di rappresentare tutti gli aspetti della realtà, tanto il dolore cosmico legato alla condizione umana, quanto la violenza che rimane impressa nella carne e nei ricordi della vittima, tanto le «pequeñas tristezas» di una donna esile e delicata quanto i ruggiti di desiderio di una leonessa innamorata. In un percorso originalissimo che, di libro in libro, va sempre più verso la trasparenza e l’affinamento del verso, l’autrice si ribella al dogma simbolista ed ermetico dell’oscurità e sceglie invece, come nella migliore tradizione nazionale cilena, influenzata dal retaggio nerudiano, una lirica impura e contaminata per scrivere versi poderosi, impastati di pane e sangue, di tensione ideale e di memoria. E la sua parola è sempre più esatta, frutto di un’economia rigorosa che si spoglia di ogni fronzolo retorico per cercare, e arrivare, al nucleo esatto, nudo e splendente del senso. Sfoglia le prime pagine