C'è un incontro irripetibile ed eccezionale alle origini di questo volume: è quello tra un poema, la Gerusalemme Liberata di Tasso, popolarissimo tra Sei e Settecento, e uno scrittore milanese, Domenico Balestrieri, la cui opera avrà valore esemplare per tutte le successive generazioni di letterati lombardi, da Parini a Porta, fino ad Alessandro Manzoni. Balestrieri avviò la sua traduzione in milanese del poema tassiano nell’ambito dell’Accade-mia dei Trasformati, per concluderla nel 1758 e pubblicarla nel 1772. Ma tradurre in dialetto significava altro da ciò che oggi normalmente riteniamo: traduzione era prima di tutto riscrittura e «travestimento» che, pur lasciando invariata la trama, trasponevano la poesia epica entro un registro comico e realistico. Così si spiega, nella Gerusalemme milanese di Balestrieri, la prevalenza di toni giocosi e comicizzanti, che comportano anche una grande ricerca di effetti di resa scenica, con attenzione quasi teatrale ai gesti e ai movimenti dei personaggi. E però prevalenza non significa uniformità: il poeta milanese lascia quindi il debito spazio anche al serio e al patetico, essenziali nell’originale tassiano, fino a raggiungere l’esito più alto nella già lunga tradizione dei travestimenti dialettali del poema, di cui il Balestrieri rinnova e aggiorna lo statuto stilistico, grazie alla sua raffinata e superiore sensibilità poetica. Viene qui proposta, per la prima volta, l’edizione critica di questo «travestimento», corredato di una traduzione italiana a piè di pagina che consente al lettore la comprensione puntuale dei versi milanesi.