«Gli haiku saettano come smussate freccioline che ci vengono da un mondo simile a quello di Alice, ma dotato di una sottile, intricata coerenza che non è soltanto il rovescio dello specchio delle nostre coerenze. Sono spiragli da cui filtra qualcosa di accecante e insieme di carezzevole, sono cuspidi elastiche di qualcosa che deve restare sommerso, per noi (e forse per tutti), ma che pure sentiamo necessariamente nostro. (...) Gli haiku hanno quasi l’aria di ‘scusarsi’ dell’esserci, se l’esserci comporti una qualche violenza sull’essere-puro e sul lettore-puro, se comporti una seduzione troppo viscosa per darsi come eleganza, un giro logico che voglia catturare, vincolare, piuttosto che aprirsi appena in sollecitante enunciato, in ammiccante moto di palpebra.» Dalla Presentazione di Andrea Zanzotto