Poeta dell'amore per eccellenza, ma anche uomo politico e militante, e vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1971, Pablo Neruda (Parral, 12 luglio 1904 – Santiago del Cile, 23 settembre 1973) conobbe il mondo e l'animo umano come pochi dei suoi contemporanei, restituendo nei suoi scritti tutta l'intensità vitale e civile che lo avrebbe caratterizzato fino alla fine dei suoi giorni - L'approfondimento sulla sua vita e le opere
“Un poeta più vicino alla morte della filosofia; più vicino al dolore che all’intelligenza; più vicino al sangue che all’inchiostro”: così nel 1934 Federico García Lorca (1898-1936) avrebbe presentato all’Università di Madrid il cileno Pablo Neruda (1904-1973), all’anagrafe Neftali Ricardo Reyes Basoalto.
Poeta dell’amore per eccellenza, ma anche uomo politico e militante, e vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1971, Pablo Neruda conobbe il mondo e l’animo umano come pochi dei suoi contemporanei, restituendo nei suoi scritti tutta l’intensità vitale e civile che lo avrebbe caratterizzato fino alla fine dei suoi giorni.
Piccolo, eppure infinito
Nato nella cittadina di Parral nel 1904, Neftali Ricardo Reyes Basoalto restò quasi subito orfano di madre: il padre si trasferì con lui a Temuco, si risposò e nutrì grandi aspettative per la carriera del figlio, che già da adolescente scoprì il suo amore per la scrittura senza però essere incoraggiato a continuare.
A mantenere vivo “l’entusiasmo della sua perseveranza” fu la poetessa Gabriela Mistral (che avrebbe vinto il Premio Nobel per la letteratura nel 1945), la quale gli procurò diversi libri di autori russi, fino a quando nel 1920 il giovane non decise di adottare lo pseudonimo di Pablo Neruda in onore del poeta ceco Jan Neruda e un anno dopo si trasferì a Santiago, dove sperava di cambiare vita diventando un insegnante.
La sua passione per la poesia, però, lo spinse a desistere e a pubblicare le sue prime raccolte in versi, fin dall’inizio definite singolari per via del loro stile modernista e spesso erotico, che in un primo periodo non lo portarono a ottenere un buon successo di critica, anche se già da ragazzo si era aggiudicato i suoi primi premi.
La vita è una canzone, ma disperata
La vita adulta di Pablo Neruda fu altrettanto sfaccettata, dal momento che, pur di far fronte alle difficili condizioni economiche, l’intellettuale accettò l’incarico di console onorario e partì per la Birmania nel 1927. I viaggi proseguirono e lo portarono fino all’isola di Giava, dove sposò Marietje Antonia Hagenaar, conosciuta poi come Hagenaar Vogelzang, o semplicemente come Maruca.
Il periodo successivo alle nozze vide l’intellettuale e la banchiera olandese spostarsi dall’Asia al Sud America per poi arrivare in Europa, dove Pablo Neruda entrò in contatto con gli scrittori della cosiddetta Generazione del ’27 (Federico García Lorca, Rafael Alberti, Miguel Hernández, Gerardo Diego, Vicente Aleixandre) e si avvicinò al genere del surrealismo.
Durante il soggiorno della coppia a Madrid, nel 1934, nacque la piccola Malva Marina Trinidad, destinata a morire quando era ancora una bambina a causa di una idroencefalite: il malessere familiare che ne derivò portò i due coniugi a capirsi sempre meno, fino a quando Pablo Neruda non iniziò a frequentare l’argentina Delia del Carril, che lo avrebbe riavvicinato al mondo della politica e che sarebbe in seguito diventata la sua seconda moglie.
Dalla Spagna nel cuore alla morte
Quando in Spagna scoppiò la guerra civile, nel 1936, Pablo Neruda si schierò apertamente con i repubblicani pubblicando Spagna nel cuore (1937) e aiutando in prima persona coloro i quali volevano espatriare, per poi riuscire addirittura nel 1939 a fare imbarcare duemila rifugiati sulla nave Winnipeg, che era diretta in Cile.
Tornato nel suo Paese, scelse di portare avanti il suo impegno politico rendendolo anche protagonista della sua poesia, e nel 1045 ottenne il Premio nazionale di Letteratura del Cile. Nello stesso anno fu inoltre eletto senatore, anche se presto rimase deluso dalla gestione della cosa pubblica a diversi livelli e optò per un esilio volontario dapprima in Argentina, dopodiché in Messico, in Unione Sovietica, in Cina, e infine in Europa.
Fu solo per le elezioni del 1952 che si decise a rimpatriare, supportando la candidatura a presidente di Salvador Allende e diventando poi ambasciatore a Parigi sotto il suo governo. Nel frattempo, nel 1956, lasciò però la sua seconda moglie per andare vivere con Matilde Urrutia, che sarebbe rimasta con lui fino alla morte.
Quest’ultima lo colse il 23 settembre 1973, a dodici giorni dal colpo di Stato del generale Augusto Pinochet e a due anni dal conferimento del già menzionato Premio Nobel alla Letteratura, in occasione del quale Pablo Neruda dichiarò di aver compreso che “c’era una comunicazione fra sconosciuto e sconosciuto, che c’era un’esigenza, una richiesta e una risposta anche nelle solitudini più lontane e remote di questo mondo”.
Le poesie di Pablo Neruda
“Neruda restituiva noi stessi, ci strappava dalla vaga teoria delle amate e delle muse europee per lanciarci tra le braccia della donna immediata e tangibile, per mostrarci che l’amore di un poeta latinoamericano poteva darsi e scriversi hic et nunc, con parole semplici e quotidiane, con gli odori delle nostre strade, con la semplicità di chi scopre la bellezza senza l’approvazione dei grandi eliotropi e della proporzione divina”.
A parlare in questi termini dei versi liberi (sempre eleganti e sensuali) di Pablo Neruda è stato il grande autore argentino Julio Cortázar (1914-1984), che ne ha saputo individuare da una parte il realismo legato al mondo comune di ogni giorno e, dall’altra parte, il lirismo di chi sa sublimare e celebrare i sentimenti in modo delicato.
Proprio questi due aspetti sono stati celebrati anche nel romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skármeta, che nel 1994 ha ispirato il toccante film Il postino, diretto da Michael Radford e con protagonisti Philippe Noiret e Massimo Troisi (deceduto poche ore dopo la fine delle riprese), rispettivamente nei panni di Pablo Neruda e del postino Mario Ruoppolo.
I due si conoscono durante l’esilio del poeta in un’isola del Sud Italia nel 1948, quando Mario viene assunto per consegnare la corrispondenza al grande intellettuale e impara a conoscerlo e a mettere in pratica i suoi consigli sull’amore e sulla poesia.
Il carattere profondo del poeta cileno si misura inoltre nel suo amore per l’America Latina, quella patria dove batte il cuore di creature – dalle più maestose alle più umili, fino agli insetti – che ne testimoniano il fascino primitivo e vitale.
Più volte, infatti, nei suoi versi Pablo Neruda si fa albatros venuto a morire sulle umide sabbie cilene, vuole conversare con i maiali, con i cavalli, con “gli uccelli che si mangiano la notte”; vuole imparare dai gatti, orgogliosi e indifferenti, celebrare la bellezza delle farfalle, l’ingegno dei ragni, la danza delle pulci, il canto delle rane, proprio come svela la raccolta Bestiario (Guanda, traduzione di Ilide Carmignani) illustrata da Luis Scafati.
Come abbiamo visto, tuttavia, Neruda non è stato solo un poeta surrealista e intimista, dedicandosi dalla seconda metà degli anni Trenta a una produzione civile e politica di grande spessore, con la quale ha combattuto apertamente il neocolonialismo, la dittatura, la guerra e l’imperialismo.
Ha così unito la sua visione romantica dell’esistenza a una più drammatica, che da raccolte come Crepuscolario (1923) Venti poesie d’amore e una canzone disperata (1924) si è evoluta fino ad arrivare a Canto generale (1950), a Le pietre del Cile (1960) e, in ultimo, all’autobiografia Confesso che ho vissuto, data alle stampe a pochi mesi dal suo decesso.
Quest’ultimo, ancora avvolto dal mistero e considerato da alcuni un omicidio (forse indiretto, forse a scopi politici), non ha comunque messo un punto all’ammirazione internazionale per colui che Gabriel García Márquez (1927-2014) ha definito “il più grande poeta del XX secolo, in qualsiasi lingua“, e che ancora oggi non smette di incantare intere generazioni con la musicalità delle sue parole.
[…] Perché l’amore, mentre la vita ci incalza,
è semplicemente un’onda alta tra le onde.
Fonte: www.illibraio.it