Nel 2015 ricorre il 750° anniversario della nascita del "sommo poeta". Nell'attesa, su IlLibraio.it lo scrittore e critico letterario Marco Santagata analizza l'attualità della sua opera più famosa
La Commedia, si sa, è anche una grande enciclopedia dei saperi. L’affermazione, però, può essere rovesciata: la Commedia è il primo libro della tradizione occidentale a richiedere per la sua piena e totale comprensione l’aiuto di una grande enciclopedia. Siccome molto spesso procede per allusioni, sottintesi, rapidissime annotazioni, il testo non è autosufficiente: quasi a ogni verso necessita di essere integrato da nozioni e conoscenze che esso non fornisce. Ciò capita soprattutto in quelle parti nelle quali parla di fatti storici e cronachistici che coinvolgono in modo particolare il personaggio Dante.
Nel primo capitolo di Mimesis Erich Auerbach sintetizza le caratteristiche di due tipi stilistici fondamentali: quello omerico, caratterizzato da “descrizione particolareggiata, luce uguale, collegamenti senza lacune, espressione franca, primi piani, evidenza” e quello biblico, caratterizzato da “rilievo dato ad alcune parti, oscuramento di altre, stile rotto, suggestione del non detto, sfondi molteplici e richiedenti interpretazione”. Sono due modi diversi di rappresentare la realtà. Uno la vede dall’esterno, e quindi la ritrae nella sua compiutezza; l’altro la vive all’interno, e quindi la percepisce e la fa percepire a sprazzi, con illuminazioni improvvise e ampie zone d’ombra. Questo secondo è lo stile della Commedia o, meglio, è lo stile della Commedia che resta più impresso.
Nel poema convivono modi diversi di rappresentare la realtà. Nel costruire il mondo immaginario dell’aldilà Dante usa una tecnica mimetica, cioè riproduce nel mondo ultraterreno quello terreno. La geografia, le fasi del viaggio, le azioni e i movimenti dei demoni, degli angeli, degli ufficiali, dei santi sono descritti con precisione. Al lettore non è richiesto di integrare informazioni mancanti: tutto gli viene detto affinché egli possa vedere mentalmente un universo di cui, altrimenti, non avrebbe cognizione. E’ come se Dante edificasse una città virtuale che suscita la piena illusione di essere vera.
E la popola di abitanti. Ma nel dare vita agli abitanti solo in parte e solo per alcuni usa le tecniche mimetiche dalle quali scaturisce l’illusione di realtà dell’ambiente urbano. In quella città, accanto a persone delineate nella loro completezza psico-fisica, fornite di una biografia e collocate in bella vista, si muovono decine e decine di altre figure rappresentate in modi tendenzialmente riassuntivi e scorciati. Di alcune è possibile vedere il corpo e sentire la voce, di altre, mute, è evidenziato solo un tratto somatico, di altre ancora una particolarità psicologica. Spesso, la loro presenza è segnalata solo dal nudo nome. Nei loro confronti, dunque, Dante ricorre a modi di rappresentazione che, rispetto al parametro dell’aderenza alla realtà, potremmo giudicare antirealistici. Ebbene, gli abitanti del mondo ultraterreno così rappresentati non sono i personaggi immaginari o, comunque, a quel mondo afferenti, ma nella loro maggioranza sono quelli storici, i personaggi che nell’aldilà sono approdati provenendo dal nostro mondo. Anime, sì, ma con un carico di vita vissuta. Emerge, allora, una apparente contraddizione: ciò che è immaginario è concreto e realistico, ciò che è storico è ridotto a pochi segni, affidato all’allusività. Questo secondo aspetto, tuttavia, non è meno realistico del primo.
Il lettore della Commedia si muove in questo libro come chi capita in una città a lui sconosciuta. Tra la folla variegata che cammina o sosta per le strade questi può riconoscere qualcuno da lui già incontrato in altro luogo o a lui noto per altra via, ma il più delle volte si imbatte in sconosciuti. Il visitatore ne ha una conoscenza indiziaria, che può anche diventare precisa, ma che il più delle volte resta una semplice suggestione. Anche il lettore della Commedia percepisce l’universo fittizio del libro allo stesso modo: a volte, con piena cognizione di ciò che vede e ascolta; altre volte, con cognizioni solo parziali; spesso semplicemente per induzione o per intuizioni; non di rado, senza comprendere ciò che vede e ascolta. Uno dei tratti di più straordinaria modernità della scrittura di Dante è la sua capacità di riprodurre i meccanismi di percezione del reale propri dell’esperienza umana.
*L’autore dell’intervento è scrittore, critico letterario e docente universitario. Ha vinto il Premio Campiello nel 2003 con Il maestro dei santi pallidi. Nel 2015 Guanda pubblicherà il suo nuovo romanzo, Come donna innamorata, in cui racconta un Dante privato e in esilio…
Fonte: www.illibraio.it