Intervista a Gianni Biondillo autore di Con la morte nel cuore ISBN:8882466558
Nel nuovo romanzo di Gianni Biondillo, l’Ispettore Ferraro torna a misurarsi con delinquenti comuni e con pericolose associazioni malavitose che gestiscono i loro traffici tra le caotiche vie di Milano. Lo scrittore milanese raffigura, con sguardo partecipe e con dovizia di particolari, i mille volti della metropoli lombarda, indugiando sul ricco corteo di emarginati e perdenti che affrontano con dignità e consapevolezza le difficili battaglie quotidiane. Con la morte nel cuore è un giallo insolito, una vivace commedia umana a cui partecipa ogni tipo sociale. Omicidi, pestaggi e scippi si succedono a ritmo frenetico, mettendo a dura prova le risorse di Ferraro e procurando più di un grattacapo ai suoi colleghi del commissariato. Abbiamo rivolto all’autore alcune domande sul suo secondo libro.
n
D. Il suo romanzo d’esordio ha avuto una buona risposta di pubblico e critica. In che misura questi giudizi hanno influito sul suo modo di scrivere? Si avverte maggior pressione al debutto o quando si cerca una conferma del proprio talento?
n
R. Gli ottimi giudizi non mi hanno per niente influenzato. E non lo dico “per farmi bello”. Ma semplicemente perché da quando ho terminato Per cosa si uccide a quando, poi, effettivamente è stato pubblicato, per questioni meramente editoriali, ho avuto a disposizione quasi un anno di tempo. Allora mi sono detto: “se il libro va male ti passa la voglia di scrivere, se va bene ti viene l’ansia da prestazione. Scrivilo subito e non pensarci più!”. E così è stato. Quando è stato pubblicato Per cosa si uccide, io avevo già praticamente finito di scrivere il secondo, Con la morte nel cuore.
n
D. Anche Con la morte nel cuore può essere definito un romanzo della città: Milano non è un semplice sfondo, bensì il “personaggio” principale. Le cospirazioni mafiose, il dilagare della microcriminalità con l’aumento dell’immigrazione clandestina, i tentati linciaggi sono spie di un malessere diffuso e di una convivenza spesso problematica. Quanto rispecchia la realtà il suo libro e come vede il futuro multietnico di Milano?
n
R. Nei limiti dei “doveri di narratore”, cioè del far funzionare il meccanismo narrativo, quello che racconto è quasi una presa diretta. Per esperienza mia o per quella di molti miei amici o conoscenti. Milano, dopo un periodo di stanca, sembra abbia deciso di rimettersi in moto. Ora: il pachiderma potrebbe ricadere in letargo, o alzarsi e galoppare. Il futuro multietnico non è un futuro, è il presente di Milano. E io racconto anche questo. Con le sue contraddizioni e le sue speranze.
n
D. Benché l’ispettore Ferraro debba fare i conti con difficoltà di ogni genere – sia sentimentali che professionali – non perde mai la capacità di ironizzare su se stesso e sui colleghi. A ben vedere Con la morte nel cuore offre molte occasioni per sorridere. Quale funzione assolvono gli spunti comici e l’ironia nelle sue opere?
n
R. Lo dico spesso: il dono più grande per un essere vivente – cani, gatti e scarafaggi compresi – è il senso dell’umorismo. Non auguro un futuro da geni incompresi alle mie figlie. Ma un futuro divertente. Che riescano a saper ridere di sé, innanzitutto, e poi delle avversità della vita. È la più grossa arma che abbiamo contro il qualunquismo, e l’omologazione imperante. E poi: conosco persone intelligentissime ma profondamente noiose. Ma non ho mai conosciuto nessuna persona divertente che non sia, anche, autenticamente profonda.
n
D. Nel suo romanzo Lei utilizza diverse tecniche narrative: abbiamo esempi di sceneggiatura (nel dialogo fra Comaschi e Ferraro davanti alla macchina del caffè), di articolo giornalistico (nel pezzo sulla strage di Quarto Oggiaro) e un uso generoso delle parentesi per riferire i pensieri dei personaggi, soprattutto in chiave ironica. È una mia impressione o la sperimentazione linguistica e la contaminazione di stili costituiscono uno dei suoi massimi divertimenti quando scrive?
n
R. Sì, certo. Ma non è soltanto un divertimento. È una necessità, un tentativo di districarsi “dall’infinito gnommero dell’esistere”, direbbe Gadda, dal gomitolo incomprensibile del reale; è un modo per creare un oggetto, l’oggetto libro, che diventi “cosa fisica”; è, in ultimo, l’unico vero spazio di sperimentazione e di libertà che uno scrittore ha. E allora me lo prendo tutto.
n
D. Da quali fonti attinge le sue storie di crimine? Dalle pagine della cronaca nera? Dai libri? Da trasmissioni televisive?
n
R. Quasi non lo so neppure io. Dal caso, mi verrebbe da dire. Da un occhio buttato su un trafiletto di un quotidiano, in metropolitana, dal racconto di un amico, dall’osservazione dei vicini di casa. E poi accade il solito: “e cosa succederebbe se…”. E lì parte tutto.
n
D. Ha già qualche idea per il terzo libro?
n
R. Così come è successo in precedenza, ho avuto un anno di “libera uscita”, da quando ho terminato Con la morte nel cuore. Indovinate che cosa ho fatto in tutto questo tempo?
n
Intervista a cura di Marco Marangon
n
Fonte: www.illibraio.it