"La gabbia dei conigli" di Tess Gunty è un romanzo polifonico, dove i personaggi convergono verso la Conigliera, un edificio fatiscente di edilizia convenzionata. Come in una carrellata cinematografica, conosciamo Blandine Watkins, diciottenne e aspirante mistica, e i suoi vicini di casa. Esistenze separate, disperate, sole, in una cittadina dell'Indiana che ha conosciuto tempi migliori. È un libro sul privilegio, ma anche sul contatto che si può creare tra le persone, pure quando la vita sembra piccola come quella di un coniglio in gabbia...
All’inizio, siamo dentro la stanza. Più dentro di così non si può. Abbiamo accesso ai pensieri di Blandine Watkins mentre sta per uscire dal suo corpo. Poi, come in quei film dove la macchina da presa indietreggia per mostrare le finestre illuminate di un palazzo e offrire uno scorcio nella vita degli inquilini, Tess Gunty lascia per un attimo Blandine, e in una carrellata sbircia oltre la porta degli altri appartamenti della Conigliera, il nome dell’edificio di edilizia convenzionata dove vive la protagonista, e diversi dei personaggi di La gabbia dei conigli, uscito ora per Guanda nella traduzione di Alba Bariffi.
Un esordio illuminato, quello di Gunty: libro dell’anno per il New York Times e per LitHub, vincitore del National Book Award 2022.
La gabbia dei conigli è un romanzo polifonico, dove tutte le esistenze convergono verso la Lapinière (per l’appunto, conigliera), un nome francese che vuole nobilitare un palazzo cadente, infestato dai topi, dove i personaggi conducono le loro esistenze gomito a gomito, senza rendersi conto di quanto i destini di tutti possano arrivare a toccarsi.
Blandine Watkins ha diciotto anni e gira per tutta la città, Vacca Vale, Indiana, con un volume sulle mistiche religiose in borsa. Ha i capelli quasi bianchi, è pallidissima, e ha un fascino strano che fa innamorare i suoi tre coinquilini di lei. Vacca Vale, Indiana, non esiste. È una cittadina disperata come lo possono essere tutte quelle città del mezzo degli States. I fasti passati di un’epoca produttiva in cui un’industria automobilistica poi fallita prima dava lavoro poi avvelenava gli abitanti con le sue emissioni si rintracciano ancora nelle villette dei quartieri eleganti, mentre nuovi progetti di rivitalizzazione vogliono andare a distruggere il poco di bello che è rimasto nella zona, la vallata verde.
Al Guardian, Tess Gunty ha raccontato infatti di aver voluto rappresentare l’Indiana per andare oltre la definizione di flyover state (un paese che conosci solo perché ci passi sopra in aereo): la cosiddetta Rust Belt, quella regione che ha conosciuto l’ascesa e poi il declino dell’industria pesante, “è molto ricca di diversità, ci sono molte ideologie differenti. È un posto vasto, e misterioso“.
Intorno a Blandine, ai suoi tentativi di spogliarsi dei desideri terreni per avvicinarsi all’estasi delle sue amate mistiche, e accanto alla sua lotta solitaria per salvaguardare l’ambiente dall’assalto capitalista, si muovono i suoi vicini, mostrati dalla prima carrellata: una coppia di anziani che ha passato la vita insieme, una giovane madre che è terrorizzata dagli occhi del bimbo appena nato, una donna sola, che di lavoro modera commenti sotto i necrologi online. Nella sua missione salvifica, Blandine vuole mantenere intatto un luogo e coltivare un corpo che sia un tempio, ma i luoghi sono anche fatti di comunità, e i corpi hanno bisogno di sporcarsi con il tocco altrui: Gunty racconta le sfaccettature di un’umanità quotidiana, che può essere molto generosa, molto ottusa o molto sola.
Sola come Moses, che a differenza di Blandine, cresciuta all’interno del sistema degli affidi con una storia famigliare difficile alle spalle, ha passato l’infanzia nella dorata Hollywood, figlio di un’attrice celebre fin dall’età di cinque anni. Diventato adulto, il suo passatempo preferito è cospargersi di liquido fluorescente e spaventare i suoi nemici. Anche lui finirà in qualche modo catalizzato da Vacca Vale, per i suoi abitanti un buco nero dove ogni aspirazione va a disintegrarsi, ma che per qualcuno può essere ancora un cuore pulsante, che merita una seconda possibilità.
È un romanzo sul privilegio e su come ogni rapporto sia segnato dal privilegio fin dall’inizio, senza possibilità di appello. Il potere e la ricchezza hanno il loro copione, e anche quando ci sono i sentimenti di mezzo non sembra possibile esiliarsi, creare un nuovo paradigma. Potrebbe essere una storia priva di speranza, eppure.
Gunty osserva la vicenda, che copre solo due giorni, ma in un certo senso abbraccia anni interi, perché un momento si costruisce di tutto quello che è necessario per arrivarci, da più lati, ascolta tutte le parti in causa. Veste i panni di Blandine, i panni di Moses, i panni di Joan, la donna sola dei necrologi per cui una piccola felicità è mangiarsi le ciliegie al maraschino a letto e non lavarsi i denti. Mostra il finale, e poi torna indietro, ricostruisce pezzo per pezzo i passaggi, gli istanti che vanno a comporre, inevitabilmente, il traguardo, se non fosse che anche dopo la storia può continuare.
Tess Gunty prende quella tradizione del cosiddetto grande romanzo americano che mette all’indice la frammentazione del tessuto sociale, l’atomizzazione di ogni consorzio umano, lo sfrenato capitalismo che indurisce le emozioni, ma in un terreno arido pianta un piccolo trifoglio, un pensiero per il futuro. Un’idea piccola, come fare compagnia a qualcuno in una stanza d’ospedale: tutti quei conigli che stanno nelle loro gabbie devono ricordarsi, di tanto in tanto, che saranno anche conigli, ma sono tanti.
Fonte: www.illibraio.it