Manuela ha quarantacinque anni e una vita come tante, alle prese con il lavoro, il marito, i figli, i suoceri. Sua la voce narrante di questo intenso romanzo, una voce che colpisce da subito perché chiara, energica, sfaccettata, ironica. Manuela all’inizio di questa storia deve fare i conti con una diagnosi di malattia, la prima scintilla di un incendio devastatore che travolge tutto: il matrimonio va in crisi, la figlia adolescente si allontana in una sua personale ricerca di identità, il figlio più piccolo sembra prigioniero delle sue difficoltà scolastiche, e dal passato riemerge il dolore per la perdita di un bambino mai nato. Sullo sfondo, i fantasmi provenienti dal complicato retaggio familiare: quella di Manuela è una famiglia «diversa», ma nella sua diversità simile a tante del nostro tempo. Una famiglia di ebrei italiani che rilegge strutture antiche alla luce della propria fragilità, alle prese con la malattia ma anche con la crescita, che rivela nella sua peculiarità meccanismi universali di una sfida molto contemporanea. Solo accettando le ambivalenze, imparando ad aprirsi alla gioia e al dolore nella loro intensità, riuscirà a dire che la vita forse non è sempre facile ma che è il nostro cammino: e soprattutto che è unica e insostituibile. Che è preziosa, nonostante tutto.
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