Nel momento storico attuale parole come populismo, sovranismo, nazionalismo sono diventate altrettanti leitmotiv della vita politica occidentale; in America come in Europa si aggira lo spettro di un autoritarismo grossolano, tracotante, che rischia di mettere in pericolo il pensiero che da secoli anima la vera democrazia: la tradizione liberale. Attaccato da destra come da sinistra, mai come oggi il liberalismo ha bisogno di essere riscoperto e tutelato, non come un catalogo di nozioni e diritti astratti, ma come la forma privilegiata con cui la politica si prende cura dei bisogni più concreti della società. Adam Gopnik, studioso nonché fiero paladino del liberalismo più autentico, ne ripercorre la vicenda storica e concettuale, dalle riforme ottocentesche alle lotte per i diritti civili del secolo scorso, ammettendone i fallimenti ed esaltandone i successi. Il risultato è un’appassionata – e appassionante – difesa del liberalismo, e al tempo stesso un modo per rileggerne i grandi protagonisti. Da David Hume a John Stuart Mill, da George Eliot a Emma Goldman, l’autore attinge alla filosofia, alla letteratura e agli ideali alla base di una pratica che vede nel cambiamento graduale il motore più efficiente della società moderna, lontano dalle violenze rivoluzionarie e totalitarie quanto dagli eccessi del capitalismo e della globalizzazione. È un’avventura avviata cinque secoli fa, e che non ha ancora esaurito la propria forza propulsiva: «Il liberalismo non è una teoria politica applicata alla vita. Piuttosto, è ciò che sappiamo della vita applicato a una teoria politica».
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